Fortino è il primo disco di Illest, giovanissimo produttore bolognese classe 2003, che nel suo progetto ha chiamato grandi e meno grandi nomi della scena emergente di Bologna: il risultato è un bell’album, coeso, vario e veramente “hip-hop”. Seduti ai tavolini del Panorama Bar mi ha raccontato questa sua creazione, alcuni retroscena e il suo background.
DAMUS MAGAZINE: Come è nata l’idea di fare un tuo disco?
Illest: Ho sempre avuto il sogno di realizzare un qualcosa di totalmente mio, come appunto un album, ma circa un anno e mezzo fa ho iniziato a pensarci più concretamente. Ho iniziato a collaborare a distanza con Armani Doc, rapper di Milano, nel brano che poi sarebbe stato Dolomiti (a cui hanno partecipato anche I9sane e Lockjaw, ndr): abbiamo deciso che sarebbe uscita come mio progetto, inizialmente come parte di un EP. Quindi ho stilato una prima scaletta e ho iniziato ad organizzare le collaborazioni con i vari rappers, a cui mandavo i beat. Alla fine, dopo molti mesi di lavoro l’ho ultimato e l’ho pubblicato non appena era pronto.
Mentre producevi le strumentali sapevi già quali artisti coinvolgere?
Tendenzialmente sì, anche se ci sono state alcune modifiche durante la lavorazione. Tutte le tracce sono state prodotte appositamente per il disco, tranne Dolomiti che, appunto, all’inizio sarebbe dovuta essere un progetto singolo e Impronta 2. Per realizzare questa traccia mi hanno contattato proprio Inda e Corei, quindi ho prodotto la strumentale a cui ha partecipato anche Pietro Berchiatti.

Hai sentito il peso di produrre il seguito di una canzone così importante nell’ambiente come Impronta?
Sì, devo dire che è stato un grande fardello da portare e spero che il pubblico la possa apprezzare nonostante sia diversa dalla prima. Assieme a Pietro abbiamo voluto creare un sound nuovo e diverso, ma secondo me è uscita comunque molto bene.
Dopo aver realizzato le strumentali, hai lasciato carta bianca agli artisti?
Sono tutti artisti che conosco bene, quindi mi sono fidato di loro e della loro arte, anche perché con il beat sono riuscito a dettare il mood della traccia. Inoltre ho partecipato a quasi tutte le sedute di registrazione e alla fase di mix e master, che sono stati realizzati da Juicy Gustavo che ha fatto un lavorone. Di solito comunque mi piace dare consigli agli artisti con cui collaboro, come ad esempio succede spesso con I9sane che in molte occasioni accetta i miei suggerimenti.
Lasciando gli artisti così liberi non c’è il rischio di creare un disco con poca omogeneità?
Il rischio sicuramente c’è ma con questo disco sono riuscito a dare una mia impronta a tutte le tracce, che comunque sono molto eterogenee tra di loro. Essendo il mio primo disco non volevo produrre un album che avesse un unico stile, ma ho voluto spaziare in diversi mood. Mi è piaciuto il “caos” che si è creato e il fatto che ci siano collaborazioni inaspettate che non ci si aspetterebbe di sentire in altri progetti.
A proposito di collaborazioni inaspettate, com’è stato lavorare con rapper come Brenno Itani, Inda o Triflusso?
Sono delle leggende per me perché ascolto la loro musica fin da quando sono bambino. Essendo nato a Bologna li ho sempre avuti nelle cuffiette, anche quando per un periodo (circa dagli 8 ai 15 anni) ho vissuto in provincia di Torino, e sono molto felice di averli nel mio disco. Sono rimasto anche piacevolmente sorpreso dalla loro professionalità, ad esempio Inda mi ha mandato le sue strofe in pochissimo tempo.


Perchè hai chiamato il disco ‘Fortino’?
Il nome deriva dalla tag che ho preso da un verso di Ari Selva (che dice “Illest non hai fatto una base ma un fortino”): la frase mi è piaciuta da subito e ho deciso di inserirla nelle mie produzioni. La figura del fortino sta diventando iconica per me, tanto che alcuni rapper hanno voluto citarlo proprio nel disco (Buster Quito in Wildstyle dice “Illest non hai fatto una base ma una fortezza”, ndr).
Qual è, metaforicamente, il tuo Fortino?
Ogni produzione che faccio la vedo come un mattone che poi andranno a costruire un fortino, magari un “castello magico”.
Sei contento dei feedback che sta ricevendo il disco, anche se è uscito da poco?
Sono molto contento a livello personale, sia del sound in sè che sono riuscito a creare assieme a Juicy Gustavo, che dell’apprezzamento che sto ricevendo: sto vendendo molti CD e mi stanno arrivando bellissimi messaggi. Fortino è un progetto che ho voluto realizzare fin da quando ho iniziato a fare musica.
Come hai iniziato a produrre?
Sono appassionato della cultura hip-hop da quando sono piccolo. In particolare mi ci sono avvicinato quando il mio amico fraterno Frazzo dei PVA ha iniziato a ballare breakdance: avevo circa 13 anni e da lì ho cominciato a produrre qualcosa su FL studio. All’inizio era solo un divertimento e lo facevo ogni tanto, ma dopo qualche anno mi sono impegnato più seriamente: in particolare quando sono tornato a Bologna in terza superiore sono migliorato tanto e ho iniziato a collaborare con diversi rapper (tra cui I9sane).
Quali sono i tuoi principali riferimenti in ambito musicale?
Ci sono tanti producer, soprattutto americani e inglesi, che apprezzo e mi stimolano continuamente: uno su tutti Alchemist che dopo tanti anni di carriera continua ad essere tra i migliori producer. Mi piace particolarmente la figura del produttore che cura e dirige al 100% il proprio progetto.
Fai musica da solista ma fai parte di un collettivo: Majestic Records. Racconta questa realtà.
È un collettivo nato in modo molto naturale da un gruppo di amici: io, Squalo e altri nostri amici che non fanno musica abbiamo fondato Majestic Records in cui successivamente è entrato anche Sl Kid. Volevamo avere un nostro canale di distribuzione che ci unisse sotto le due bandiere. Fortino è la prima uscita targata Majestic Records, ma ce ne saranno altre molto presto. Inoltre organizziamo anche eventi dal vivo, come quello che abbiamo fatto al Panorama Bar al lancio del disco.
Sei molto legato a Bologna?
Sì mi sento molto legato, anche e soprattutto in ambito musicale. Mi sono sempre mangiato musica di Bologna, tra cui i grandi classici come Inoki, PMC e i Cammelli (anche Inda li cita in Beppe Maniglia). Mi piace rappresentare questa città che è una fucina di talenti che però per vari motivi è spesso passata inosservata: a Bologna si può trovare di tutto, da sonorità gangsta a musica più conscious, ma nonostante questo a volte viene un po’ snobbata rispetto ad altre città. Adesso c’è un bel fermento nella scena e si spera sempre che si smuova qualcosa: noi artisti possiamo solo continuare a fare la nostra musica, ma anche il pubblico deve partecipare. Spesso proprio il pubblico fa la propria parte, venendo a cantare con noi alle molte serate rap che vengono organizzate. Finché ci sono regaz che vogliono la musica e regaz che fanno la musica, penso che ce la possiamo fare.
Descrivi il disco con tre parole.
Dedizione, barre e pazzia, sia la mia che degli artisti.


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